i paradossi italici
Che hanno in comune Mastro don Gesualdo e Francesco Cassano? Un personaggio fittizio dell'Ottocento, inventato dallo scrittore catanese Giovanni Verga, e un idolo dei tifosi di calcio? Ce lo spiega il presidente dell'Eurispes Gian Maria Fara: i due rappresentano lo spreco della potenzialità e del genio italico. Mastro don Gesualdo è preso a simbolo dell'accumulazione della robba, della pura avidità e dell'incapacità di rendere durevole la sua ricchezza, di mutarsi da semplice muratore arricchito in capostipite di una dinastia industriale. Bisogna dire però, a onor del vero, che sul personaggio si sfogano tutte le frustrazioni, le gelosie e le diffidenze di classe dell'aristocratico Verga che lo condanna al fallimento. E' come se un membro della famiglia Agnelli dovesse scrivere la storia dell'immobiliarista Ricucci: odontotecnico, accumulazione di capitali, promozione sociale attraverso il matrimonio con Anna Falchi, tentativo di entrare nei salotti buoni della finanza, caduta come punizione per l'ambizione e l'orgoglio. Riguardo a Cassano, è un segno di tempi grami se un giovanotto sregolato, di nient'altro esperto che di calci ad un pallone, assurga ad esempio di talento sprecato in una nazione ricca di cultura come l'Italia. Non fatemi ridere.
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