La giustizia buona solo a celebrare se stessa
Parafrasando un celebre motto del presidente Mao a proposito dell'imperialismo, possiamo dire che la Giustizia italiana è una tigre di carta. I suoi apparati sono imponenti, intoccabile la casta dei suoi adepti, elefantiaca la struttura, polverose le sue scartoffie, lentissimi i tempi, tanto da rendere spesso vana ogni certezza del diritto. E tuttavia la Giustizia quando celebra se stessa innalza statue come quella davanti al Tribunale di Catania, maestosa, imponente, massiccia, come simbolo di concretezza e garanzia di equanimità. Basta innalzare uno sguardo per sentirsene rassicurati. Perciò tanto più sgomenta la dimostrazione tangibile di quanto tutto ciò sia fragile. Se il governo riduce i fondi per il materiale di cancelleria, se non ci sono più soldi per comprare la carta, l'apparato s'inceppa. E risultano deprimenti gli allarmi lanciati dai giudici di Catania e Siracusa, nonché il cartello esposto al Tribunale della città etnea: "I cittadini che hanno bisogno del certificato devono presentarsi con il foglio di carta". Certo il problema non è che si porti il foglietto da casa, ma il senso del ridicolo che tutto ciò comporta. E' come vedere la statua della Giustizia su un piedistallo vacillante perché fatto di carta che man mano viene a mancare.
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