Il nervosismo di Prodi
Dev'essere un po' nervoso, di questi tempi, Romano Prodi. Non pago d'aver dato a Tronchetti Provera del mentalmente disturbato, smentendo perentoriamente Afef («mio marito è del tutto tranquillo»), ha lasciato di sasso il mondo intero quando a New York, richiesto di quali misure di sicurezza scorteranno il papa in Turchia, ha risposto seccato: «E che ne so io? Alla sicurezza del papa penseranno le sue guardie».
Ora, non essendo proprio il caso di scomodare l'annosa questione dei rapporti fra Chiesa e Stato (la lasciamo volentieri al cardinal Ruini, alla ministra Pollastrini, al deputato Grillini...), va pure detto che, nel presente medioevo dei nuovi crociati eurabici, Prodi ha il merito storico di rovesciare in rassicurante certezza la stolida supponenza del vecchio Stalin: «Quante divisioni ha il papa»?
Dunque, tutt'altro che mite e ingenuo teologo del dialogo, Ratzinger sa quel che fa. Ha le sue guardie, alte e forti: le porterà con sé sul Bosforo a far la guerra al feroce Saladino.
Ora, non essendo proprio il caso di scomodare l'annosa questione dei rapporti fra Chiesa e Stato (la lasciamo volentieri al cardinal Ruini, alla ministra Pollastrini, al deputato Grillini...), va pure detto che, nel presente medioevo dei nuovi crociati eurabici, Prodi ha il merito storico di rovesciare in rassicurante certezza la stolida supponenza del vecchio Stalin: «Quante divisioni ha il papa»?
Dunque, tutt'altro che mite e ingenuo teologo del dialogo, Ratzinger sa quel che fa. Ha le sue guardie, alte e forti: le porterà con sé sul Bosforo a far la guerra al feroce Saladino.
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